Giuliana Riccioni
Contenuto in: Studi Etruschi 56 - 1989-1990
pp. 85-97, Tavv. 6
Come è noto, la convenzionale denominazione di ceramica «alto-adriatica» risale all’Aurigemma il quale ritenne opportuno dedicare una brevissima sintesi sui «tipi vari di vasi ceramici di un’ignota fabbrica alto-adriatica» nella guida «Il R. Museo di Spina in Ferrara» (I Ed., Ferrara 1935, p. 104, tavv. LIII-LXI, pp. 105-115; II Ed., 1936, p. 122, tavv. LVII-LXVI, pp. 123-135). Egli afferma testualmente: «nel sepolcreto di Valle Trebba abbiamo la prova più evidente del costituirsi di una o più fabbriche ceramiche alto-adriatiche che rifornirono largamente il mercato di Spina quando il commercio ateniese andò via via languendo».
La stessa denominazione fu adottata dalla Felletti Maj pubblicando nel 1940 uno studio d’insieme, rimasto finora fondamentale, su: La cronologia della necropoli di Spina e la ceramica alto-adriatica. È basato su una selezione di vasi di questo tipo rinvenuti in notevole numero nelle tombe della prima necropoli di Spina in Valle Trebba di periodo tardo-etrusco o gallico (II metà-III venticinquennio del IV secolo/primi decenni del III sec. a.C.), ma anche su alcuni dei più significativi esemplari, noti al suo tempo, provenienti da tombe di stesso periodo della necropoli di Adria nel Veneto e di quelle marchigiane del centro costiero di Numana e di quello interno di Osimo. […]